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domenica 7 marzo 2010

L'ANTICO TESTAMENTO E CRISTO

Se leggiamo Proverbi 8, ovvero quel meraviglioso discorso apologetico della grandezza di Dio nella creazione tenuto dalla Saggezza, non riusciamo a ritrovarvi forti echi e vicinanze a Gesù Cristo?
Non già (o non solo) quando dice di amare la giustizia e non la stoltezza ma quando afferma perentoriamente di essere indispensabile e propedeutica a tutte le cose, la Saggezza dice di sé: - Il Signore mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna delle sue opere più antiche -. Non era forse questo uno dei più controversi ma centrali insegnamenti di Cristo parlando della sua propria figura? Allora Cristo e la Saggezza si identificano. Perché la Saggezza è la liberazione di Israele, il Cristo che deve venire nel mondo.

E non sono forse i Proverbi un'esaltazione lirica dei premi e dei vantaggi della bontà e della similitudine con le virtù divine? E non sono i libri poetici immagini cesellate nel cuore dei libri poetici della Bibbia cristiana (o "Libri Sapienziali" nel Ketuvim raccolta del Tanakh) per ricordarci il nostro essere e la grandezza della sorpresa che Dio nostro Padre e Creatore si mostra a noi e lascia che noi lo cerchiamo e troviamo ed in Lui riposiamo?
E non è tutto l'Antico Testameno un inno a Cristo Gesù? Un inno ad un liberatore nello Spirito? Non un canto perpetuo al Bene che viene da Dio?

Per ciò, ogni versetto, ogni aggettivo, ogni parte di storia è riferibile al Signore Nostro non in quanto impostazione schematica o preconcetta dell'esegesi ma come naturale foce del pensare e del sentire biblico

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NUOVO CRISTIANESIMO

Chi crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato; chi vede me, vede Colui che mi ha mandato (Gv,12, 44-45)
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