Quando frequentavo l'Università a Bari ho conosciuto dei ragazzi splendidi, pieni di vita che mi hanno saputo trasportare e coinvolgere nel grande progetto di crescita che stavano realizzando. Erano ragazzi di Comunione e Liberazione, quel movimento fondato da don Luigi Giussani, che ha avvicinato il Cristianesimo ai giovani ed ha spiegato con libri popolari il mistero della comunione in Cristo. Con un' immediatezza vera ed autentica è andato poi "alle origini" della pretesa cristiana". Si può dire che abbia fondato una scuola di pensiero nuova, un pò svecchiata, entusiasta.
Ebbene, conoscendo il fondatore approfondivo la conoscenza dei miei amici, coetanei, compagni di studi e d'avventure. Essi, a distanza di tanti anni, sono per me un grandissimo e vivissimo ricordo. Ed andando ai loro incontri ho imparato anche a prevenirli. Tanto il loro linguaggio si assomigliava, o meglio ruotava attorno a delle parole chiave, a dei pilastri ideologici, tanto anche non conoscendo un ragazzo potevo dire, anche extracontestualizzando, che apparteneva al movimento. Il loro lessico erano fatto da parole determinate: "fatto", "incontro", "bellezza", " avvenimento", "centralità dell'uomo", " Cristo".
Sembrebbero parole comuni al linguaggio ecclesiastico ed a quello quotidiano ma l'armonia di coesione e di coerenza che traspariva dal loro pronunciarli ti dichiarava chiaro che ti trovavi di fronte ad uno del movimento. Questo per me è stato un importante insegnamento.
Mi interrogai sul mio, di vocabolario. Quali termini usavo? Termini dannunziani, arcaici, desueti. Scrivevo di poesia e del Padre ma con parole ornate, sfoggianti, barocche.
L'incontro con i ragazzi mi servì. Al di là della mia poesia, al di là della mia letteratura, al di là di tutto mi servì come esperienza umana, esperienza incarnata. Quel loro correre incontro al sole della Verità, con quel fare spensierato e libero ma impegnato e vero proprio di una parte di gioventù cristiana mi rincuorò, mi aprì a nuovi orizzonti.
Scrivevano un foglio cattolico, facevano feste e riunioni, giocavano. Vivevano. Io a volte ero invitato e sentivo in quelle parole che usavano tutta una umanità agitarsi e placarmi ma ero ansioso di scrivere per poter scrivere. Di farmi conoscere per fare conoscere le cose che avevo da dire.
Dopo tanti anni, ebbene, io sono rimasto ad un cristianesimo misero, personale e non maturo, essi non so con quali grandezze avranno provato la vita.
Eppure il "fatto" del nostro "incontro" è stato un "avvenimento" che mi ha fatto capire la "centralità dell'uomo" che crede, che mi ha ancora più che prima, ancora più indissolubilmente legato a Cristo.
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NUOVO CRISTIANESIMO
Chi crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato; chi vede me, vede Colui che mi ha mandato (Gv,12, 44-45)
Il blog di analisi, discussione e confronto sulla tradizione, la storia e la filosofia cristiana. Per ritornare alle origini di un pensiero e di un'azione che hanno rivoluzionato il destino dell'umanità.
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